25 dicembre 2011
El post de Nadae
23 dicembre 2011
11 dicembre 2011
Eh, gli amici!
Dopo tanto tempo ecco un nuovo sabato per un giro sui pedali, un sabato con gli amici... mai fidarsi!!!
Già gli amici... "cari" gli amici!!!
Gli amici sono quelli che ti danno l'occasione per registrare un nuovo picco nel cardio, conducendoti su per un nuovo fuori-strada, risultato poi con un 26% di pendenza, ma si sa, gli amici son fatti per questo, vedi Groppetto di... ormai qualche anno fa...
Beh, per una giornata come questa con anche il rientro di Junior, ecco un altro della categoria "amici", che per questo sabato ti riserva una chiusura un po' speciale: una salita di gruppo, a piedi, fino al Monte della Madonna, al chiaro di luna... piena.
Il cielo non era dei migliori, era alquanto coperto, ciò nonostante, in alcuni momenti filtrava una luce sufficiente per vedere chiaramente la strada.
Una nuova bella esperienza, un assaggio per "riscaldare" gli scarponi per il prossimo pellegrinaggio di fine anno, da Rieti a L'Aquila.
Alla prossima!
Senior
Vedi foto
10 dicembre 2011
7 dicembre 2011
e dopo ea Bomba ... EL POST del Bajo!!!
"El Bajo..nel so post!" |
Già mi immagino le espressioni di gioia stampate sui vostri volti (quei bei faccioni rosei e simpatici, due belle ganascione, la riga in mezzo...)
Ciò, scrivevano tutti, ma proprio tutti, insomma C... e P... (non fraintendetemi, mi riferivo a Cesaro e Poggioli!) e mi chi soi? (so già la risposta: un rompic..)
Le mie non saranno liriche come quelle di Gnoato, ma cosa ci volete fare, mica tutti nasciamo poeti!!... è la dinamica del gruppo, ognuno ha il suo ruolo, chi "sentio gnente", chi Don, chi giullare e chi pietra dello scandalo, utile per liberare la parte più primitiva di ognuno o per far discutere, con qualche posizione di rottura (appunto! direte...)
Uno stimolo serve sempre! (per favore evitiamo facili e triviali battute non degne di gentiluomini come Voi)
Comunque adesso basta! si avvicinano le festività Natalizie e tutti ci sentiamo + buoni, facciamo propositi ambiziosi per l'anno nuovo e allora, facendomi serio per pochi istanti, cerco di fare appello allo spirito di esplorazione che contraddistingue buona parte di questo gruppo (??), proponendovi alcune mete da raggiungere l'anno prossimo, naturalmente tanto sterrato e poco asfalto e solo di montagna, perchè se condividete con me quel senso di trascendenza che le montagne sanno infondere ...non potrete negare che i giri + belli sono quelli!
Allora oso:
1) San Martino e la Veneggia; xchè quest'anno non è riuscito (anche se il pranzetto finale non era niente male), xchè ci sono varie possibilità di appoggio logistico (vero Fiore?) e xchè i panorami sono mitici (vedi foto) e tutto sommato non è così distante come molti pigroni vogliono far credere..
2) Giretto di Grappa del Bajo (in realtà ho trovato la traccia su una guida); un Grappa sterrato per l'80%, "solo" 1300 m di dislivello in salita però anche qui zone solitarie e panorami....
3) Montagna dimenticata - strade della 1^guerra: Il monte Pavione nel parco delle Dolomiti del Brenta, da Pontét, sulla statale del Rolle poco sopra Feltre un giro nelle solitudini e nei panorami poco noti, la presentazione dell'intinerario dice solo "da non perdere" andate a leggerlo su http://books.google.it/books?id=GD59j6ZwP4IC&printsec=frontcover&hl=it#v=onepage&q&f=false , il n.3 "le Vederne"
Bene, basta così, mi sembra di avere esagerato e sicuramente la vostra attenzione è scesa a livello di gradimento di un dibattito sulla crisi...
Ciò detto auguri a tutti quanti e grazie per i bei momenti che ciascuno di voi mi ha regalato in quest'anno di pedalate (non ancora finito, anche se qualcuno pensa di essere + bello con il casco da sci!)
Bajo
Traccia Gps - "mezzo" Giretto del Grappa
Foto
30 novembre 2011
Monte Ortigara fuori stagione
Novembre, mese autunnale in cui normalmente si fa il bilancio della stagione sportiva che volge al termine, persino i ciclisti professionisti in questo mese riposano, concedendosi alcuni strappi dal loro ferreo regime alimentare. Tutto avrei pensato, meno che indossare gli scarponi ed andare a camminare in montagna.
L'iniziativa nasce per caso, un mio collega originario dell'altipiano, che di cognome fa Frigo ma non è parente di Janez, la butta li: venerdì 25 novembre andiamo a fare un giro in montagna, chi ci sta? Aderiamo in tre, destinazione Monte Ortigara.
Lasciamo la macchina a piazzale Lozze ed imbocchiamo il sentiero che ci porterà verso cima Calidiera. La giornata è splendida, temperatura fresca, cielo terso e, in quota, troviamo pure la neve. Per me e per un altro amico questa è la prima volta che andiamo in questi luoghi, per lui che si è trasferito da poco a Padova è addirittura la prima volta che frequenta le nostre montagne, continuiamo a guardarci intorno e ci sembra di essere caduti dentro un libro di storia. Man mano che si sale penso sempre più intensamente a tutti quegli uomini che sono morti qui, italiani o austriaci che fossero non fa nessuna differenza, alle sofferenze che hanno dovuto patire ed all'assurdità della guerra.
Saliamo fino a cima Caldiera, poi giù a Pozzo della Scala, dove venivano “immagazzinati” gli uomini da mandare in prima linea, ed ancora avanti verso il passo dell'Agnella, per poi salire sul monte Ortigara percorrendo una ripida scala scavata nella roccia, e transitando all'interno di la galleria che ospitava un nido di mitragliatrici austriache. Sosta doverosa al cippo austriaco ed al cippo italiano, poi discesa verso il baito Ortigara e la chiesetta sul monte Lozze.
Sono andato a rileggermi il post scritto da Stefano 23 agosto e raccolgo fin da ora l'invito, l'anno prossimo ci torniamo in bici.
Ndemo Dai.
28 novembre 2011
Ea bomba del Bajo
25 novembre 2011
Beh insoma!!! Intanto parto, dopo vedemo.
Ripartire dopo un periodo di inattività, anche se per una cosa che mi piace e che so farmi bene, mi fa provare strane sensazioni…quasi tutte mi portano nella direzione di rimandare l’idea. Un po’ di pigrizia, sapere che c’è da faticare, pericolo di cadere (per me non così remoto e non solo in bici :) ), a cui si è aggiunto la nebbia della sera prima e il freddo della mattina.
Come faccio di solito in questi casi ho preparato comunque la sera prima tutto il necessario come se dovessi “andare”.
Al mattino mi alzo, faccio colazione e poi decido di tornarmene a letto, anzi no, mi dico: “Beh insoma!!! Intanto parto, dopo vedemo”.
Una settantina di chilometri con in mezzo Monte Grande, Vietnam, Campo Sportivo, Pirio e Carabiniere.
Come spesso succede quando decido di andare, anche se con una certa spocchiosità credo di conoscere tutto del giro, questo mi riserva sempre delle sorprese e quasi tutte piacevoli.
I colori che i nostri colli hanno in questo autunno ritardato e la nuova compagnia a cui ci siamo aggregati e che ancora ringrazio per la mattinata passata assieme hanno dato del “nuovo”,
Domenica prossima ho l’opportunità di iniziare nuovamente un cammino, c’è parecchia nebbia, dentro e fuori, e il freddo mi consiglia di stare in casa, magari sotto il calduccio delle coperte.
Anche questo cammino conosco bene e a volte mi vien da pensare che non potrà dirmi più nulla di nuovo tuttavia…vedo che l’unico modo di aggiungere vita al mio tempo è quello di aver fiducia e ri-partire, ogni volta.
Mi piacerebbe vivere, non sempre ma qualche volta, le mie giornate come un regalo non dovuto, che mi coglie di sorpresa, viverle facendo posto anche agli altri, nel dialogo, quello che è più di uno scambio di pensieri, è uno scambio di doni.
Beh insoma!!! Intanto parto, dopo vedemo.
12 novembre 2011
un filo d'olio
Ma chi l'ha detto che i giri in bici ,per essere belli, devono essere lunghi.?Stamattina ,dopo la luculliana cena del gruppo " NDEMO DAI! " , ci siamo ritrovati con alcuni reduci.
La ricetta del giro : una terrina di giornata meravigliosa di sole, una manciata di buona compagnia, un pizzico di chilometri sterrati, una spolverata di downhill, quel che basta di Davide GPS e soprattutto un filo di olio di oliva a crudo!!! Ed ecco servito il giro " giusto".
Ciao a tutti.
Fiore
ps: un ben ritrovato a Dario Taurin.
FOTO DEL GIRO
PS del GG: GRANDE DARIONEEEEEE
2 novembre 2011
The tarmac side of the hills.
Ci sono alcuni giorni in cui non so bene cosa fare: resto a letto un po' di più? Faccio qualche lavoro domestico di quelli che nessuno ha mai voglia di fare? Prendo il cane e vado a fare una passeggiata? All'improvviso si sveglia l'ascaro che si annida in me: “dai, la giornata è bella, prendi la bici e vai a farti un giro da solo!”. Non resisto, verifico che gli impegni familiari me lo consentano, quindi vado.
Il primo dubbio riguarda il mezzo da utilizzare, MTB o bici da strada? Visto il titolo del post è evidente che la scelta è ricaduta sulla bici da strada.
Il secondo dubbio riguarda il percorso, dove vado? Mi è ormai chiaro che in queste occasioni è più importante l'andare che il dove andare, comunque visto che si tratta di un giro ascaro faccio in modo che lo sia completamente: giro sui colli con obiettivo minimo salita al Monte della Madonna, ben venga tutto quello che verrà in più, che alla fine sarà pure parecchio in più, ma nulla rispetto ai vari Grappa, Stelvio o Manghen, quelli mi sto preparando per affrontarli l'anno prossimo.
La cosa che mi stupisce ogni volta che esco da solo è come la fatica, che pure si fa sentire, non riesca a togliermi minimamente il piacere di andare, di guardarmi attorno, di pensare a cose che non c'entrano nulla con il gesto atletico che sto facendo in quel momento. La fatica come mezzo per restare soli e sereni con se stessi? Può essere, nel dubbio continuerò a faticare ogni volta che ne avrò voglia.
Il titolo del post si rifà volutamente a quello proposto da Fiore per il giro di sabato scorso, a cui purtroppo non ho potuto partecipare. Interpretatelo come volete, io l'ho utilizzato con l'intento di far capire agli amici che, pur rimanendo fedele alla mia MTB, esiste anche un altro lato dell'andare in bici, diverso ma comunque ricco di soddisfazioni.
Buona strada a tutti.
17 ottobre 2011
Lek-lekà
L’avvicinamento (allenamenti/tabella) alla maratona di Venezia di quest’anno è stato un po’ diverso dai soliti, mi sono ritrovato un po’ più solo, disponibilità di tempi diversi e luoghi “lontani” hanno fatto si che solamente in modo saltuario abbia potuto allenarmi assieme ad alcuni amici.
Come spesso succede, anche nella vita, non è stata una scelta; ciò che accade, io lo posso subire o accogliere cercando di trovare il positivo che c’è.
Se da una parte l’allenarmi da solo mi ha richiesto un po’ più di “rigore nella costanza”, soprattutto negli allenamenti matutini (molto matutini, vero Ornella?), dall’altra ho avuto un “tempo per me”, un tempo per…
“Quando corriamo di mattina è per rispettare le tabelle di un allenamento o per iniziare una giornata con il carico di energia e di endorfine che ogni runner conosce bene. Il tardo pomeriggio è un’altra storia. Andare e lasciarsi andare, cercare e ritrovarsi.” Invidio un po’ quegli amici che hanno potuto allenarsi soprattutto al tramonto.
Così, da solo, il mio fedele (se mi ero ricordato di caricarlo) compagno di allenamenti è stato il lettore mp3, ho potuto ascoltare buona musica, o meglio, quella cha a me “mi piace”.
Tra le tante canzoni più o meno conosciute, quella che mi ricorderà la preparazione a questa maratona, ma anche questo ultimo periodo della mia vita è di una di una’artista meno nota, perlomeno che io non conoscevo: “L’equilibrio è un miracolo” di Patrizia Laquidara. ( http://www.youtube.com/watch?v=Z8NX5YUdI1Q ).
Non sono un gran intenditore, anzi, sono un “praticone” e non solo nel campo musicale, tuttavia a me piace la sua voce dolcissima e il testo rispecchia, in parte, il mio stato d’animo attuale. C’è un “equilibrio instabile” nella mia vita tra “correre” e “stare”. A volte risulta più facile fare, lavorare, provvedere alle persone che ci sono state affidate che custodirle, curarle che averne cura.
Intendiamoci, rimane vero il proverbio che dice: “Se la ricchezza non può dar la felicità, figuriamoci la miseria!”. In effetti non ho mai visto nessuno essere sereno con la propria pancia, e magari anche quella dei figli, vuota, tuttavia… E’ che al giorno d’oggi la “fame” è di ultima generazione (abbigliamento di marca, cellulare ultimo modello, mtb biammortizzata :) ) ma questo è un altro discorso.
Ogni tanto, in concomitanza di occasioni particolari, mi diverto a far stampare su maglie e felpe, per me o per degli amici, delle frasi che sintetizzano un’occasione, una relazione, un tempo di vita.
In questa occasione ho fatto stampare la scritta “Lek-lekà”, è una parola ebraica che letteralmente vuol dire “vattene / và per te” ma anche “và verso te stesso”.
Imperativo diretto (informale) del verbo andarsene, rimane molto diverso dal fuggire; è un verbo di movimento che molto spesso si concretizza quando nel quotidiano riesco a “stare al mio posto”.
E’ un ordine, e come tale, sono libero di obbedire o meno, ma non di discutere. La razionalità non centra, ci si fida.
Da quando non sono più bambino, per carattere, per il lavoro che faccio che non mi ci abitua, per educazione ma anche per orgoglio l’obbedire mi da noia. Credo che, come quando ero bambino, se vedessi dietro all’ordine un Comandante che mi vuole bene, che mi sia papà ma anche mamma allora sarebbe più facile.
Ma chi comanda la mia vita?
Faccio un “viaggio” che porta non solo “fuori” ma anche “dentro”, mi metto in cammino per cercare di diventare quello che sono.
Quante volte al suono della sveglia il letto mi ha suggerito cose diverse dal “vattene a fare la tua corsa. Certo, farai fatica, ma dopo sai che starai bene”?
Quante volte il calduccio delle coperte delle mie sicurezze mi ha impedito di correre fuori dai miei pregiudizi, di lasciare il certo che conosco per fare cose nuove o quelle che so fare in modo diverso, di incontrare nuove persone e costruire relazioni nuove con quelle che già conosco?
Vado/esco da me stesso, per un po’, il tempo di una corsa, per guardare quello che mi capita dal di fuori, da una visuale che non mi vede solo ingranaggio, incapace del tutto. E’ un po’ come dal rifugio di montagna per qualche attimo guardo la pianura, dove vivo il resto della vita.
Come mi piacerebbe essere uno che cerca sempre nuove conclusioni.
Molte volte ha vinto il letto :) !!!
Quello di cui però sono contento, e che mi piacerebbe fare sempre, è preparare la sera, prima di andare a letto, le scarpe, la maglia e tutto l’occorrente per “correre” come se dovessi vincere io e non quest’ultimo.
Ringrazio tutti quelli che mi sono stati vicini magari anche solo chiedendomi come stessero andando gli allenamenti. Un ringraziamento particolare a Ornella che mi ha fatto compagnia in bici nei vari lunghi e lunghissimi previsti e per avermi supportato e sopportato…Abramo partì…e Lot andò con lui.
“Per un momento io vivo la vita sognata degli angeli
Questo fino a sabato scorso quando, durante dei lavori domestici, mi si è bloccata la schiena.
Verso fine settimana deciderò se correre o meno…peccato!!!
Ciò che accade, io lo posso subire o accogliere cercando di trovare il positivo che c’è…più facile a dirsi che a farsi :)
12 ottobre 2011
11 ottobre 2011
CARTURO HA SEMPRE IL SUO PERCHE'
Giornata freddina ,il sole ha cominciato a scaldare i nostri corpicini solo dopo le 11.30.
Fango,quel che basta , guado in agguato. Un plauso alle donne ndemo dai che non mollano mai.
Alla prossima.
Ciao
Fiore
foto del giro
1 ottobre 2011
Neppure una nuvola!
Per qualcuno era la quinta edizione (fra gare e libere escursioni), per me era la prima volta, e dopo aver appena fatto (solo una settimana fa) la prima parte della ciclabile, sede dell'ex Ferrovia delle Dolomiti, credevo di essere già sazio di tanto splendore, ma la trama, la scenografia, gli attori, il tempo stupendo hanno prodotto questo secondo atto di un'opera mai scritta, ma che evidentemente doveva andare in scena.
C'è poco da aggiungere, non è facile (per me) esprimere in parole il miracolo compiuto da Dio nel generare quest'opera, le Dolomiti, rimane quello che mi è rimasto nel cuore, rosso come la Croda vista oggi, ed il resto lasciamolo alle foto, come dice lo stesso autore (Fiore), delle quali ti ringraziamo.
Senior
OGGI HA FATTO TUTTO LA NATURA E IL TEMPLO SPLENDIDO. E' MEGLIO LASCIAR PARLARE LE FOTO.
CIAO.
FIORE
FOTO GIRO
26 settembre 2011
24 settembre: 'ndemo dai! un po' qui, un po lì
Non so quale sia stata la giornata di ieri per Rino, non abbiamo proprio un aggiornamento quotidiano, ma per chi ha percorso la val di Calamento fino al passo (così mi è stato riferito) e per chi invece si è goduto lo spettacolo delle Dolomiti nella valle cadorina è stata una splendida giornata.
Quello che c'è da dire nel percorrere in bici la sede di quella che era la ferrovia delle Dolomiti, da Calalzo a Cortina a Dobbiaco e che è stata chiusa nel 1964, è la sconcertante bellezza dei monti che la circondano, ieri accentuata da una splendida giornata di sole.
E se da una parte c'è chi giustamente sfoglia l'album delle proprie "figurine", il Grappa, lo Stelvio, il Nosellari, il Cengio, il Manghen... da un'altra c'è chi si gode la meraviglia della natura e soprattutto la presenza delle nostre mogli in una delle nostre uscite.
Buona continuazione a tutti! Ndemo Dai!
Senior
Traccia GPS Bajo
25 settembre 2011
PASSO MANGHEN
Come direbbe qualcuno, e anca questo xe fatto. Direi che per essere un gruppo da "cicloombre "quest'anno ci siamo dati molto da fare. Cima Grappa, Passo Stelvio, passo Manghen e altre piccole conquiste in solitaria mi fanno pensare che state diventando troppooo forti. Bene cosi' comunque, pian piano ,ognuno con il proprio passo ( vero Gianni ) si arriva ovunque.
La stagione si sta avviando verso la fine ,ma ci sono ancora bei giri da fare e grandi mete da pensare per il prossimo anno. A proposito di mete, seguo costantemente gli aggiornamenti del viaggio di Rino e Massimo , auguro a loro di poter portare a termine il loro viaggio piu' duro e piu' bello.
Buona settimana a tutti.
Fiore
VAI ALLE FOTO FIORE
VAI ALLE FOTO JANEZ
TRACCIA GPS GG
14 settembre 2011
Padova - Gerusalemme: buen camino RINO!!!
voglio informarvi che domenica prossima parto con l'amico Massimo di Ferrara per Gerusalemme.
Il percorso (da scoprire) di andata sarà lungo la costa della ex Jugoslavia fino all'Albania, attraversarla per passare in Grecia, poi Turchia, Siria, Giordania e Israele.
Il ritorno forse Cipro, Turchia, Grecia, Italia.
Il tutto quando "rivo, rivo" e quando "torno, torno, se torno".
Quando mi sarà possibile vi terrò informati sul tragitto e la situazione... Ci sentiamo.
Ciao a tutti.
Rino
13 settembre 2011
L'indigeno
Ogni volta che respiro aria di casa scattano degli strani meccanismi, che partendo dal cuore e passando per il cervello, mettono in moto gambe e polmoni più di ogni altra "bomba" (vedi assortimento Farmacia Fiorin).
E' una questione di "radici", che percepisco in ognuno di Voi quando Vi proponete su percorsi a Voi noti e a me sconosciuti (Colli, Pasubio, Tonezza, Grappa,...).
E' quel qualcosa di più che ne fa della mèta un'appartenenza stretta, talvolta cara, talvota conflittuale (... ma chi me l'ha fatto fare di venire ad abitare a Padova!).
Per chi la propone c'è la consapevolezza delle difficoltà, ma anche delle bellezze dei luoghi.
Per gli altri che seguono a ruota, vi è la scoperta di posti nuovi, l'emozione di paesaggi diversi, lo stupore per mondi così vicini e nello stesso tempo così ignoti. ... ma anche l'incazzatura per una strada che non finisce mai di salire, sino addirittura al Passo della Sgrava! (Bajo).
E poi la FORZA del gruppo... che, più numerosi si è, più ci si incoraggia, ci si sostiene, e ancor più tra fratelli (Lobascio), con due chiacchere che distraggono (Andrea C.), un fià de fruta seca (Dario) , na barzeleta (Davide) ke taja 'e gambe e te fa ancor più deboessa! .. o 'na foto .. così se ciapa el fià (grassie a Fiore co' 'ea Culpics, scarica)
Perdonà GiòDoctor, senza divisa "leghista" e nessun rimpianto per la mancata annessione al Regno AustroUngarico, grassie ai prodi valorosi soldati Italiani caduti sul Monte Cengio .
Alla prox.
il Granatiere di sardegna, Janez
11 settembre 2011
Monte Cengio e salto dei granatieri
5 settembre 2011
Stelvio, un sogno diventato realtà
Ragassi
4 settembre 2011
3 settembre: Stelviobike
Ho sentito l'incoraggiamento di chi aveva più "birra" di me, ma mai ho avuto l'impressione di persone che stessero facendo una gara, non almeno le centinaia e centinaia di persone che mi stavano attorno.
Ho ricevuto espressioni di piacevole stupore quando leggevano il nome del nostro gruppo: un ragazzo in bici da corsa, rallenta, mi si affianca e dice "Ndemo dai! ma che simpatico, molto originale... dai su, ndemo..." e l'ho visto sfilare via in mezzo ai tanti che mi precedevano. So di persone incoraggiate o aiutate (Massimo) nei momenti di crisi dagli stessi partecipanti, insomma alla fine una manifestazione sportiva vissuta da "comuni mortali", fine a se stessa, gestita in maniera eccellente dall'organizzazione, con almeno cinque punti di ristoro lungo il percorso e non mi interessa se per caso qualcuno l'ha vissuta come una competizione e magari si è anche un po' "truccato" per trovare la performance... in mezzo a quella umanità erano sicuramente rari esempi da non imitare.
Che effetto fermarsi per tirare un attimo il fiato o far scemare un dolorino che insiste a farsi sentire alla gamba sinistra, per vedere dall'alto e fotografare la serpentina che si snoda lungo la valle e che porta fino al passo!, quella stessa strada che immortalata tre anni fa era vuota o percorsa da qualche auto e/o motociclista, mentre in questa occasione era caratterizzata da innumerevoli "macchiette" di colore che salgono più o meno velocemente... in bicicletta, senza gas di scarico!
Una giornata che altri come me la scriveranno in una pagina del proprio libro della vita.
Comunque aldilà di tutto è stata una significativa esperienza per tutti, da Bepi che si è dimostrato quello che ne aveva "di più" (Fiore non me ne voglia), a Pierluigi, a Lucio e a Massimo e ritengo che anche la discesa, per ritornare a Malles, dove avevamo lasciato le macchine, ci abbia dato quell'entusiasmo (diverso) che però avremmo vissuto in egual misura in un'altra delle nostre uscite.
Alla prossima; NdemoDai!
Senior
Traccia GPS (Bepi)
30 agosto 2011
Tra le valli di San Lucano e Gares.
E' da un po' di tempo che, leggendo il nostro blog, ho voglia di provare a descrivere uno dei miei giri solitari in MTB. So di non essere particolarmente bravo ad esprimere a parole quello che mi passa per la testa mentre pedalo, ma questa uscita che ho fatto durante le mie vacanze nelle Dolomiti è sicuramente un'ottima occasione per provarci.
Il percorso lo avevo fatto alcuni anni fa ma, nonostante le difficoltà tecniche che non sono trascurabili, qualcosa mi ha spinto a ripeterlo. Anticipo subito che il giro è assolutamente da classificare come “ascaro”, pertanto la soddisfazione nel completarlo l'ho trovata soprattutto dentro me stesso, anche se i meravigliosi panorami dolomitici aiutano a sopportare la fatica. Sono partito da Agordo in una splendida mattinata di sole, la meta era Malga Campigat a forcella Cesurette, a oltre 1800 metri di quota. Molto spesso si sente dire che la meta è importante, ma il viaggio non lo è meno, in questa occasione credo che i ruoli siano invertiti, è più importante il viaggio della meta.
Il posto particolare, circondato da alte cime tra cui Agner, Focobon, Pale di San Lucano ed a breve distanza anche le Pale di San Martino, mi ha fatto sentire per qualche momento distaccato dalle cose di tutti i giorni; devo dire che questa è una sensazione che provo spesso quando vado in montagna in posti non affollati, e qui, come detto all'inizio, trovo difficoltà ad esprimere con le parole quelle sensazioni che provo: stanchezza fisica, serenità, tranquillità, soddisfazione per essere arrivato e quant'altro. Non lo so, quello che è certo è che riparto contento.
Il ritorno prevede la discesa fino a Gares (la ragazza di Taibon ha mi detto che si pronuncia con la e stretta), 500 metri più sotto. Discesa = divertimento? Niente di più sbagliato, almeno in questo caso. Il sentierno è in condizioni disastrose, per prudenza si scende a piedi per circa 2,5 Km, poi si imbocca la pista ciclabile che porta fino a Cencenighe. Si tratta di una comoda strada bianca, completamente in discesa ed in mezzo ai boschi, dove si riassapora il piacere di andare in bici. A circa metà strada tra Gares e Cencenighe, lasciando momentaneamente la ciclabile, si attraversa l'abitato di Canale d'Agordo, paese natale di Papa Luciani. Una breve tappa è d'obbligo, ciascuno poi si porterà dentro delle sensazioni personali, a me è piaciuto pensare ad un giovane Don Albino a passeggio negli stessi boschi dove ero passato alcuni minuti prima, inconsapevole come tutti noi di quello che gli avrebbe riservato la vita.
Ho concluso il giro stanco, ferito (caduta fortunatamente senza gravi conseguenze), ma felice di essere andato e pronto a ripartire.
Donne impresarie.
Leggo ora,al mio ritorno dalle vacanze, i vari post pubblicati dai miei amici Ndemo dai. Mi ha fatto molto piacere che ,in mancanza del " numero legale " siano state coinvolte le compagne ,sia pur in maniera diversa, per condividere giornate in bicicletta. Complimentoni agli uomini,che sono riusciti a dare le motivazioni giuste, e sappiamo noi mariti quanto sia difficile, ma sopratutto complimenti alle donne che hanno realizzato delle vere imprese. Impresarie! come direbbe Toto'.
Vabbe' ,vi allego una foto ,che non c'azzecca niente con la bici ,ma siccome siamo tutti un po' narcisi, e mi su sta foto so vegnu' ben...desso ve a cucche' tutta. No jero in Madagascar ,ma in Croazia sulle cascate del Krka.
Ciao a tutti
23 agosto 2011
Sepolti nei nostri cuori
Chi ha fatto con me questo giro ne conosce “l’intensità”, chi non l'ha mai fatto potrà sempre rifarsi il prossimo anno perché penso di riandarci.
A parte i motivi personali che mi legano a questo giro, tutti comunque, andando sull’Ortigara, in bici o a piedi, non abbiamo potuto non pensare almeno per qualche secondo a quei ragazzi e giovani uomini che lì hanno perso la vita, tra l’altro inutilmente, almeno dal punto di vista strategico.
Più che si sale più il paesaggio assomiglia a quello che nella fantasia di ciascuno abbiamo immaginato essere quello lunare, rocce e poco altro. La fatica si fa sentire e le salite, mai impossibili, sembrano comunque interminabili. A volte, in alcuni passaggi, devi scendere e spingere o addirittura prendere la bici in spalla. L’acqua comincia a scarseggiare e sai che non ne troverai altra facilmente e per questo ti viene ancor più sete, se c’è il sole ti bruci, se non c’è hai freddo e comunque, in entrambi i casi, non c’è un riparo per proteggerti…e questi ci hanno perso la vita quassù, per questi sassi.
Sepolti nei nostri cuori è un diario di don Luigi Sbaragli, cappellano militare durante la prima guerra mondiale e testimone diretto degli scontri che ebbero come scenario il monte Ortigara.
Trovo che alcune mie giornate (periodi di vita) assomigliano un po’ all’Ortigara. Sento la fatica che irrigidisce i muscoli della volontà, provo ad idratarmi ma l’acqua è poca e devo misurarla, mi dà fastidio sia il bello che il brutto tempo, non riesco a trovare un riparo alle motivazioni che pur son certo essere state forti all’inizio del mio cammino e allora, come faccio in bici, non mi preoccupo più di arrivare alla meta ma mi basta al tornate successivo, poi magari scendo e così facendo, tornante dopo tornante, in qualche modo vado avanti e arrivo a sera. Non credo bisogna spaventarsi di queste giornate, anzi, bisogna averne cura.
Mio nonno materno, lui si che l'ha vista la grande guerra dato che ci ha partecipato in prima persona, era solito mostrarmi, senza enfasi e orgoglio, una cicatrice che aveva sulla gamba frutto di una ferita a causa di una baionetta nemica in uno scontro all’arma bianca. A seguito di questa ferita fu ricoverato e congedato come invalido di guerra. Con il sorriso dell’esperienza, quella che lui si attribuiva dicendo che avendo vissuto tanto, tanto aveva potuto sbagliare, guardando in modo alternato me e la cicatrice mi diceva: “vedi, Stefano, questa è la ferita che mi ha salvato la vita”. In effetti molti dei suoi commilitoni non sono mai tornati a casa.
E’ difficile vedere in una “brutta giornata” o in un “brutto periodo” o in una “brutta ferita” segnali, non solo di nuova vita, ma soprattutto di vita nuova tuttavia mi rasserena, almeno un po’, vedere come anche nella mia esperienza i momenti difficili a leggerli con pazienza e sincerità di cuore siano stati, nuovi parti alla vita.
Ad alcuni piace il verbo ricominciare, a me piace di più ri-partire, odora di vita. Nulla di quello che si è fatto va perso e nella vita non si ricomincia mai da zero, anche se alle volte sarebbe bello. Ripartire fa sentire male i muscoli che nel frattempo si sono raffreddati, ma è anche segno di speranza che più in là c’è qualcosa o qualcuno che il caso ha creato da sempre per me. Io poi resto del parere che il caso è Dio quando gira in incognita.
Sepolte nel mio cuore ci sono ferite che a seconda di come le "custodisco" possono impedirmi di vivere, mi paralizzano nella paura o mi generano a nuova vita.
19 agosto 2011
Parte seconda Rimini Assisi
Riprendiamo il nostro giro proprio là dove l’avevamo interrotto. Rimini.
Partiti all’alba da Padova in treno, alle 9 siamo già in sella. L’unica differenza è che ci lasciamo alle spalle la pianura e puntiamo verso gli Appennini. Ad onor del vero, devo dire che soprattutto il primo giorno, non sono arrivata nel migliore dei modi…e qui mi fermo nei dettagli. C’è un tipo di fatica alla quale il tuo corpo si oppone, è la fatica del “basta”, è il momento in cui devi fare i conti con ciò che sei, con chi sei, con le tue forze, con la tua persona.
Dopo le salite di San Leo e del Maiolo corpo e testa decidono che è ora di mollare…non ho più forze per continuare, il parroco del paesino dove siamo non c’è ed i paesi successivi sono ancora troppo lontani.
Seduta in una panchina appoggiata al muro del patronato, guardo rassegnata il garage che ho davanti (box con tetto e muri, senza porta), mi sa che stanotte “dormiremo/vegliando” qui.
Inatteso, il parroco arriva e occupa con la sua auto lo spazio che doveva essere il nostro tetto.
Un dono, un regalo in tutti i sensi, sia perché ci apre con grande generosità la porta del patronato, ma soprattutto per aver potuto conoscere una persona davvero straordinaria.
Seconda sera ospiti invece in una grande casa trasformata in piccoli appartamenti per persone anziane che vivono sole o in difficoltà. La persona che ci accoglie è una dottoressa che vive con loro. Ciò che vediamo e che, per quella sera condividiamo con loro, ci lascia senza parole e ci commuove.
Sere successive dalle suore che nonostante non avessimo avvisato del nostro arrivo ci hanno messo a disposizione un salone ed il bagno. Portiamo con noi il loro sorriso sereno.
Ci chiediamo se è solo il caso ad averci portato in questi posti...
Tre tipi di esperienze diverse, tre realtà diverse, tre testimonianze diverse, tutte però ci hanno lasciato un segno profondo...e qualche domanda…..
Non vado oltre, sarebbe solo cronaca di un viaggio.
Chi ha letto i miei sms sa già che le mie gambe mi hanno portata da Rimini a San Leo (583 m) e su a Passo Viamaggio 1050 m. Poi fino all’eremo delle carceri partendo da santa Maria degli Angeli (da 220 m a 791 m) - e già qui avevo le visioni - ma hanno continuato a pedalare anche sopra il Subasio (1290)…e qua mi sono apparsi angeli, arcangeli e cherubini oltre che le antenne che vedete nelle foto. Naturalmente piano, piano, piano.
Pensate che, provare per credere, sotto i 3,9 km all’ora, la misurazione dello spazio si ferma, il mio contachilometri segna ZERO!!!
Questo la dice lunga su quanto veloce andavo in alcuni punti. Però, a parte la rampa di una chiesa (cfr foto), non sono mai scesa…
Per Stefano, a questa grande velocità, effettivamente è stato faticoso starmi dietro…
VAI ALLE FOTO
13 agosto 2011
13 agosto 2011: Giornata epica!
Sarebbe semplice dire "facciamo un giro", ma dove?, i soliti calmi e rilassanti argini? No!, facciamo un po' di Colli e, "terrorizzata" al pensiero che l'avrei fatta "scoppiare", ha ceduto alle mie rassicuranti parole che l'avrei seguita passo-passo, anzi pedalata-dopo-pedalata.
Sicchè io col nuovo acquisto e lei con la fidata "nerazzurra", testimone di tanti chilometri e tante goccie di sudore, abbiamo affrontato assieme le sue prime salite.
Che dire...
Da Treponti le ho fatto assaggiare via Pastorie, quel passaggio semi-segreto che ti porta a Villa di Teolo, ai piedi dell'attacco della salita.
Insomma cominciamo a salire e, poco prima di affrontare il primo dei quattro tornanti, veniamo piacevolmente sorpresi da uno dei tanti ciclisti (da strada, che non è un dispregiativo) era Alessandro Galenda, uno dei "tosi dea bici" come dice Max.
Così assieme scortiamo Luisa ai suoi primi tornanti e, con estrema dignità, giungiamo alla piazzetta di Teolo.
Acqua alla fontana, un caffè e poi Alessndro prende un'altra strada, mentre noi scendiamo fino a Zovon di Vò.
La discesa se non la conosci e se non la sai affrontare è bene prenderla con cautela: è come essere fortemente assetati ed avere di fronte una bibita ghiacciata... potrebbe far male.
Continuiamo per Bagnara Bassa e raggiungiamo Carbonara. Vorrei provare ad andare a Rovolon e la mia compagna di viaggio (e non solo) dice proviamo, tuttalpiù mi fermo.
Insomma cominciamo a salire e da questa parte la salita è forse meno dolce di Teolo, ma comunque affrontabile e, passato "Bepi alle scuole" e i vari altri ristoranti lungo il percorso, raggiungiamo la chiesa.
Sosta alla fontana e poi proseguiamo.
Impaurendola quando le faccio vedere l'attacco sterrato della salita a Monte Grande, devio verso Teolo e vedo comunque un po' di titubanza nei suoi occhi, perchè qui la salita va forse un po' aldilà delle sue aspettative (ma secondo me non delle sue capacità, perchè sappiamo che è sempre questione di allenamento e...), ma affrontiamo pure questa.
Ad una breve sosta (con foto) per riprendere fiato, ci ritroviamo Alessandro che era salito al Monte della Madonna ed era sceso di là.
Due chiacchere, un saluto e riprendiamo per l'ultimo sforzo, per arrivare alla strada che porta alle Fiorine-MonteMadonna.
Giriamo per Teolo e colgo l'occasione per far notare a Luisa la "discesa" sterrata di via Groppetto, che i "bastardi" dei miei amici (Max, Stefano e Claudio) mi hanno fatto fare in "salita" da Villa, ancora ai miei esordi e poi non ho più fatto.
Qui tutto era fatto e così ci siamo "assaporati" la discesa fino a Treponti, ripassando per via Pastorie.
Eravamo tutti due contenti e soddisfatti, ma deve essere solo l'inizio e mi aspetto nuove uscite...
..tra mille mattini freschi di biciclette...
..nelle ore larghe e vuote di un'estate di città...
..strada facendo vedrai che non sei più da sola...
Ora do voce alle sue sensazioni.
Senior
LA PRIMA VOLTA (sottotitolo "I miei primi quattro tornanti")
"Non c'è montagna più alta di quella che non scalerò..." (L.Jovanotti)
Prendo in prestito questa frase per dire che per me (pseudo-ciclista) a questo punto ci sono solo due paesi sui colli: Teolo e Rovolon!
Ai "duri e puri" della bicicletta farà ridere tutto questo, ma la mia piccola conquista di oggi (chiedo a Senior di darne cronaca) mi insegna tante cose.
La strada è come sempre una buona maestra di vita, esigente, ma paziente... ci mette davanti traguardi e limiti, ma nel mio caso in particolare induce a soffermarmi sulla paura costante di "non essere all'altezza" della situazione, alla paura di fare delle figuracce che ha un pò (o molto a volte) condizionato certe mie scelte.
Decidere di "provare" una piccola salita (diventate poi 2 o 3) è stata la parte più difficile; essere affiancata da Dario che ha sopportato con pazienza i miei 10 km all'ora è stata la più bella; sfiorata e sorpassata da schegge lucenti che si arrampicavano con agilità non mi ha, poi alla fine, creato problemi ( frutto probabilmente di una età in cui non trovo più la necessità di dover fare bella figura.)
L'unica cosa a cui alla fine ho badato veramente era riuscire ad arrivare e passare il primo tornante e poi il secondo, il terzo, il quarto...
Domanda: a piedi la fatica si misura in passi e in bici come si misura??????????
Buone corse a tutti perchè ognuno sappia scommettere sulla propria vita prendendo anche quelle decisioni piccole o grandi che a volte sono nel cassetto da tanto tempo e che impediscono di crescere
"...non c'è scommessa più persa di quella che non giocherò... (L.Jovanotti).
Con questa saggia frase finale non voglio dire che sono migliore, ma che questa volta ho vinto la scommessa contro la parte pigra di me :-)
Luisa
5 agosto 2011
Tanti Auguri FIORE!!!
Non che io non sono nato giullare, non sono venuto con un soffio dal cielo e, op! sono arrivato qui: «Buongiorno, buonasera». No! Io sono il frutto di un miracolo! ..." (da "Il mistero buffo" di Dario Fò)
1 agosto 2011
Padova Rimini
Sono sicura che a qualcuno dei più forti sto strappando un sorriso, per molti effettivamente rappresentano solo un allenamento, anch’io ne sorrido, adesso, ripensandoci – ma di soddisfazione.
Primo assaggio del percorso che forse in agosto (o forse più avanti) ci porterà ad Assisi, due giorni e mezza mattinata di pedalate; una sorta di prova generale, un po’ come indossare scarponi nuovi per una passeggiata di rodaggio per provare punti deboli, per sentire dove qualcosa potrebbe andare storto e per mettere alla prova nel piccolo, muscoli, fiato, capacità di adattamento.
I borsoni attaccati alla bici non sono come la “casetta” essenziale che mi piace portare sulle spalle quando cammino a piedi e dove il peso ha grossa importanza, qui lo ammetto ho caricato un po’ di più, forse anche complice l’inesperienza. Devo dire che la prima sensazione fuori dal cortile di casa è che si alzi la ruota davanti e la bici si impenni (a roda alta par capirse). Chi ti incrocia per strada, secondo me pensa che siamo tedeschi, gente del nord abituata a questo tipo di spostamenti. I ciclisti che passano salutano sempre e quando sentono in risposta un bel “ciao” o un “salve” spesso sorridono stupiti, qualcuno si affianca a chiedere dettagli sul viaggio.
La bici…
Partire piano. Quando si è freschi la mattina vien da mostrare tutta la propria voglia di andare, il proprio entusiasmo, salvo pagare pegno a metà giornata se non si sono risparmiate le forze a sufficienza. La bici non è generosa nei miei confronti, non mi perdona niente. Se non so dosarmi le forze, nutrirmi nel modo giusto, se non riconosco alcuni segnali del mio corpo “prima”, arriva il momento in cui mi lascia a piedi. Dopo è troppo tardi, la fatica è fatica, il male è male, i muscoli si ritirano dalla corsa e…stop! Beh! Magari non proprio stop, ma lenta, lenta, lenta.
All’inizio ho dato i numeri…
Numeri scritti sul contachilometri a indicare quanta strada fatta o quanta ne manca. Numeri a cui ti aggrappi assetata guardando in lontananza cartelli azzurri in fondo agli incroci con dei nomi di paesi scritti, come fontane fresche da cui bevi, ingorda, saziando la sete del prevedere una distanza, ma che lasciano un’asciutta delusione quando la cifra che leggi è ancora troppo alta.
Nomi noti perché sentiti ripetere più volte da Stefano di ritorno dai suoi giri o perché visti nelle sue foto, trasformati ora in luoghi, in persone, prendono corpo, vita, anima. Non più un’anonima foto, ora ricordo, vero.
Stefano ha sempre tagliato l’aria, quell’aria che dopo aver fatto più di 100 km, di ritorno da Pomposa mi ha concesso di andare a BEN 13 Km all’ora pur spingendo i pedali per benino e che con un aggettivo poco appropriato ho chiamato “vento scatenato”.
Mi sentivo sicura nell’avere con me Stefano che ha già percorso più volte la strada, meno sicurezza c’era nel dove avremmo dormito, complice il fatto che non sapevamo di sicuro fin dove io ce l’avrei fatta ad arrivare.
Essere accolti subito al primo tentativo dai salesiani a Codigoro, pur presentandosi là, marito e moglie senza preavvisare, un’accoglienza immediata, una bella stanza con letti e doccia…forse un po’ troppo per un pellegrinaggio ma perché rifiutare ciò che ti offre la provvidenza?
E’ provvidenza anche fidarsi di cambiare percorso, lasciare la strada conosciuta ed inoltrarsi nella pineta, seguendo vaghe indicazioni di un signore che dava per certo strada asfaltata, per trovarsi invece in uno sterrato bellissimo che ricorda i nostri laghetti di Carturo, in mezzo a valli, boschetti, casoni, reti di pescatori, attraversando ponticelli in legno con suoni, colori, odori ben diversi dalla strada trafficata che pure sappiamo esserci a poca distanza da dove ci troviamo.
Seconda notte a Pinarella, posto ben conosciuto dai bikers pellegrini che più volte hanno approfittato della generosità del parroco, abbiamo dormito nel salone del patronato, lo stesso dove i nostri giovani, mia figlia compresa, sono stati ospitati in un loro campo in bici.
Non è facile rispondere alla domanda “com’è andata”? – ci sono cose che necessitano “dell’esperienza” per essere comprese; come posso condividere ciò che i miei occhi hanno visto, le sfumature, i colori, i paesaggi, le barche, il traffico? Come posso spiegare ciò che ho provato nei vari momenti della giornata? E’ sufficiente usare aggettivi? Non si tratta di voler gelosamente tenere per sé sensazioni ed emozioni ma della difficoltà del dire solo cose parziali, di cogliere solo piccoli particolari che, proprio perché vissuti in prima persona, diventano importanti (assume importanza perfino la ricerca di un supermercato per acquistare un tubetto di pasta all’ossido di zinco :-) )
Il giorno della partenza, venerdì, pioveva. Santa pioggia per qualcuno ma a noi non pareva poi così provvidenziale. Con pazienza abbiamo aspettato un po’ per vedere se smetteva, e così è stato. Nuvoloni scuri hanno tentato di minacciare la nostra corsa ora precedendoci, ora affiancandoci mai riuscendo però a bagnarci; con il sorgere del sole per almeno un’oretta un timido arcobaleno ha deciso di stare al nostro fianco, in lontananza, discreto, quasi a dare coraggio, speranza al nostro andare, quasi a dirci: “non preoccupatevi, la pioggia è qui lontana da voi ,andate pure sereni”,
Al di là dei numeri, mi rimane ciò che ho vissuto, ciò che saprò ricordare e che riaffiorerà di tanto in tanto...arcobaleno compreso - e l’avercela fatta.
In fondo esperienza è provare, tentare.
26 luglio 2011
l'uomo che non si ferma mai
Stasera scrivo per interposta persona. Il buon Max, in trasferta con gli scout ( stao mai casa?) mi chiede di postare per lui. Ed eccomi qua in qualita' di scribo ,giullare o messere Fiore.
Durante un campo con i giovani del gruppo scout, ho fatto una deviazione e me ne sono salito, in solitaria, al santuario della Madonna , sul monte Lussari, ( li dove finisce il " Cammino Celeste" che mi pare inizi ad Aquileia). Io son partito da Camporosso e seguendo il percorso di una gara, che si fara' domenica, tutto sterrato con circa 1000 mt di dislivello.Per me salita...ma salita salita. Come sempre mi son chiesto " chi me l'ha fatto fare?". Non avendo piu' rapporti a disposizione, pedalata dopo pedalata, sgommata dopo sgommata, zigzagando ho terminato la salita. Ancora una volta le cose che costano sudore e fatica son quelle che poi appagano e rinvigoriscono la fiducia in se stessi. Non poteva mancare una foto.
Ciao a tutti.
Max.
11 luglio 2011
Da Padova a ...
Perchè questa associazione.
Perchè ho pensato a quei tre che si sono avventurati per l'Italia, nella speranza di arrivare in bici, con tanto di borse al seguito, da Padova fino a Brindisi, prima ipotetica parte di un viaggio molto più lungo, fino a Gerusalemme.
Grazie Stefano che mi hai fatto da angelo custode per tutta la strada finale che portava dentro Roma, quando il pericolo di essere investiti era maggiore.
Grazie di cuore ad entrambi e a Chi da lassù ha vegliato su di noi.
(Allego una foto, un po' da giornali scandalistici, con tanto di mascheratura di parti intime di Stefano e una dedicata al nostro giullare, del quale abbiamo sentito la mancanza della sua freschezza: quando va a 30 all'ora, strombazza... da dietro!)
Senior
6 luglio 2011
Pensieri di Max
Ognuno scrive -checché ne dica- per essere letto. Ma scrivere -già detto altre volte- non è facile. Un conto è prendere appunti nel taccuino della memoria, negli occhi, nel cuore, nei pensieri e un conto è poi tessere questi fili di memoria per comporne un messaggio.
Tante volte, quasi ogni giorno, in quest’ultima esperienza del viaggio-pellegrinaggio in bici, anche durante la corsa di ieri sera vorrei avere da qualche parte una specie di aggeggio che registrasse ciò che provo o che credo di provare, ciò che sento o che credo di sentire, ciò che penso o che credo di pensare per poterlo poi riprendere e vagliare con calma. Ma ciò non è possibile: l’unico tempo a disposizione è il presente.
Tuttavia trovo che la ricchezza del giorno, dell’incontro, delle persone, di me stesso abbia bisogno di essere ruminata per essere non solo colta, ma nutrimento. La fretta prende il modo di una certa voracità, una specie di bulimia che non fa gustare quel che c’è e che si vive.
C’è bisogno di riprendere ciò che si vive o di vivere con più lentezza. Non è umano un certo ritmo diventato normale: è illusorio e dannoso, soprattutto per la consapevolezza di quel che si è e nel vivere le relazioni che abbiamo.
Ognuno scrive per essere letto, ho scritto: almeno chi scrive, come me, in pagine come queste o chi affida ciò che scrive a un qualsiasi mezzo di divulgazione. Dunque l’importante è farsi capire. O almeno tentarci.
Con il passar degli anni si fa sempre più vivo dentro di me il desiderio di comunicare, ma sento sempre più distinta anche la fatica del farlo. Non mi è ancora chiaro da che dipende questa cosa.
Riesco a dar voce a quel che c’è dentro me? Le mie dita intuiscono ciò che c’è dentro me e picchiettando i tasti esprimono almeno un po’ di realtà o fanno esercizio di velocità?
Non me lo domando più di tanto. Non sono un filosofo di professione e tanto meno un maestro, checché qualcuno o qualcuna si ostini a vedermi come tale e pretenda dalla mia vita una perfezione che non ho, che non cerco, che non voglio abitare.
Preferisco sempre un po’ di disordine; sono iscritto a quel foltissimo gruppo che dice “io nel mio disordine mi trovo”. E mi pare sia vero. Che io ricordi da tanti anni a questa parte non ho perso niente: metto via così bene le cose da non trovarle al primo colpo, come la patente che ho dovuto rifare un paio di volte, per ritrovarla poi, puntualmente. :-)
Come mi diceva mia madre quando ero bambino e poi giovane: “Come uno è fuori è anche dentro”; ha ragione. Da tempo non me lo dice più: sospira.
Alzo gli occhi mentre una zanzara si ostina a cercar cena da me e vedo appeso alla lampada del mio studiolo il bandana azzurro-blu che mi ha accompagnato da Padova a Barletta. L’ho lavato o sciacquato più volte: con l’acqua di qualche fontana, sotto i rubinetti delle piazze piene di sole di qualche paese a sud di Roma, a termine delle giornate mentre ci si docciava a canna con acqua fredda.
Se n’è stato appeso a un gancio del manubrio, vicino alla piccola borsa che mi pare si chiami velopac. A disposizione per togliermi il sudore sui sopraccigli, sul viso, sulle orecchie. Puzzolente e disponibile; puzzolente lo divento facilmente, spero di diventare disponibile :-)
Al termine di questo lungo giro ho buttato i miei guantini marca Cannondale, inequivocabilmente consunti dai tanti km che le mie mani hanno scalato aggrappandosi alle manopole del manubrio. Avevano qualche anno. Li ho chiusi dentro una busta di nailon assieme a un vecchio paio di scarpe da ginnastica consumate dalle corse e li ho buttati. Me ne è dispiaciuto. Erano solo un paio di guantini consunti, sì. Ma erano anche un sacramento dei giri in bici degli ultimi anni.
Stasera ho avuto una riunione particolare ad un’ora insolita e facendomi prendere da ciò che si doveva fare non mi son ricordato di andare alla preghiera all’oratorio di Villa Ottoboni. Me ne dispiace. Perché? Perché oggi no ho pregato? Non è questo. Ci penso un attimo e capisco che questo dispiacermi è segno della tentazione di voler essere dappertutto pensando che se dappertutto sarò allora sarò bravo.
Una forma di insicurezza? Un bisogno di essere riconosciuto bravo? Una mania di onnipotenza?
Che sia ora di cambiare qualcosa? Sì, certo. Ma cosa? (..è una domanda che rivolgo a me stesso).
La bici ancora una volta a suo modo mi ha salvato facendomi toccare col culo in sella, con le gambe che spingono, con le mani aggrappate al manubrio, con gli occhi e il cuore piantati in ciò che ci ha accolto al passaggio che io sono (e sarò sempre) un novizio. E di questo lodo il mio Dio.
E mentre mi fa compagnia in questa silenziosa ora della notte Ryuichi Sakamoto con Playing the Piano tento di rispondere alla domanda: “Com’è andata?”.
Mentre ero via mi son preso qualche appunto sul cellulare, ma solo l’ultima sera, quando ero da solo, a Cerignola, mi son messo a scrivere qualcosa.
Cosa?
Cose che non si lasciano (o almeno io non ci riesco) facilmente afferrare.
Sensazioni, emozioni, pensieri, luce accecante e calda di alba o tramonto, sudore salato, colori colori colori, silenzi, domande, fatiche, desideri e paure.
Il viso e lo sguardo di Dario e di Stefano, fedeli compagni di viaggio. Il condividere tra noi tutto, anche il silenzio, il vento, soprattutto nei primi giorni e nella domenica del Corpus Domini.
I paesi chiusi e vivi del sud, la confusione di Roma, alcune liturgie senza anima, il vento contrario nelle Valli di Comacchio, la salita di Bomarzo, di Fiore, di Izzalini, di S. Bartolomeo, l’ospitalità dei preti, di don Paolo e del suo cane Kuma, suor Giuseppina dal volto di mamma…
Tutte le volte che ho detto "guarda che bello!" e tutte quelle che, magari ridendo, ho detto "..ch'el can! ma chi me l'ha fatto fare!?".
Il volto degli amici che bussano nel cuore, il pensiero di mio padre, dei suoi occhi e della sua vecchiaia, la commozione di mia madre, i miei fratelli, la nostra lontananza.
Il silenzio delle strade di montagna e il violento caos di certe strade; le canzoni in mp3, il rumore del vento nelle orecchie, il canto degli uccelli.
La preghiera quotidiana per Montà, col desiderio di far in qualche modo anche di questa una esperienza comunitaria.
La calda nostalgia di non so che che puntualmente in certe ore al tramonto s’è seduta accanto a me.
La paura forte forte quando i cani mi hanno quasi attaccato, il sentirmi da solo in certi momenti e il cercare e trovare il segno di una Presenza serena e amica.
Il non essere mai sazio di andare e di vedere, di arrivare, di riposare.
Il bisogno di silenzio e di condivisione. Di silenzio e di parole vere. Di risate e di chiacchiere.
È stato un dono accorgermi ancora una volta come la forza che viene dallo stare assieme moltiplica quella che hai: aspettarsi in salita, guardare indietro e cercare l’altro, sapere che qualcuno c’è davanti a te, le cose condivise, il mangiare e dormire assieme, ascoltare il respiro dell’altro di notte, vicino a te mentre dormi per terra nel tuo sacco a pelo… questa forza moltiplicata perché condivisa credi sia una testimonianza di ciò che chiamiamo “comunione dei santi”.
Come descrivere con chiarezza a se stessi quel che si prova?
Come chiamare con un nome dal contorno netto e distinto ciò che abita l’anima e la rende tale?
Mi viene in mente quella frase che chiude “Il nome della Rosa”: “Stat rosa pristina nomine, nomina nuda tenemus”, il cui concetto tradotto a spanne significa che la rosa esiste ancor prima che le se dia un nome, non possiamo mai conoscere ciò che è la rosa in se stessa, possiamo solo dire il nome che abbiamo dato alla cosa che chiamiamo rosa. Be, m’è venuta in mente e l’ho scritta.
E allora? Come descrivere con chiarezza a se stessi e agli altri quel che si prova?
A differenza della frase del libro di Eco scelgo e preferisco sorridere e dire: prova!
Dopo parliamone o stiamo in silenzio assieme, correggendo magari, ma di sicuro amando il modo di pedalare che abbiamo imparato, condividendo quel che abbiamo con noi, godendo di quel che c’è, chiedendo ospitalità a qualcuno. Pian piano la bellezza ci attirerà e farà in modo che il desiderio non si lasci vincere dalla stanchezza o dalla paura.
Pian piano: sei un novizio, stai imparando.
Solo non scegliere le discese e non fermarti.
Grazie a chi s’è fatto vivo durante questi 1.100-1.200km di sole e di vita. Ho dedicato tanti km a tante, tante persone.
Grazie di cuore in particolare a Dario e Stefano che hanno condiviso tutto e agli altri amici che non hanno potuto vivere questo dono.