26 luglio 2011

l'uomo che non si ferma mai


Stasera scrivo per interposta persona. Il buon Max, in trasferta con gli scout ( stao mai casa?) mi chiede di postare per lui. Ed eccomi qua in qualita' di scribo ,giullare o messere Fiore.

Durante un campo con i giovani del gruppo scout, ho fatto una deviazione e me ne sono salito, in solitaria, al santuario della Madonna , sul monte Lussari, ( li dove finisce il " Cammino Celeste" che mi pare inizi ad Aquileia). Io son partito da Camporosso e seguendo il percorso di una gara, che si fara' domenica, tutto sterrato con circa 1000 mt di dislivello.Per me salita...ma salita salita. Come sempre mi son chiesto " chi me l'ha fatto fare?". Non avendo piu' rapporti a disposizione, pedalata dopo pedalata, sgommata dopo sgommata, zigzagando ho terminato la salita. Ancora una volta le cose che costano sudore e fatica son quelle che poi appagano e rinvigoriscono la fiducia in se stessi. Non poteva mancare una foto.
Ciao a tutti.
Max.

11 luglio 2011

Da Padova a ...

Oggi, ho ascoltato e riletto il vangelo di questa domenica: la parabola del seminatore.


Ogni parabola può essere interpretata a proprio "piacimento", a seconda del messaggio che si vuol trasmettere, a me questa volta è venuto spontaneo associarla all'ultima esperienza in bici. "..un'altra parte della semenza cadde sul terreno sassoso, dove non c'era molta terra; germogliò subito, perché il terreno non era profondo, ma quando spuntò il sole fu bruciata e, non avendo radici, seccò. ... Un’altra parte cadde sul terreno buono e diede frutto: parte il cento, parte l'ottanta, ...".
Perchè questa associazione.
Perchè ho pensato a quei tre che si sono avventurati per l'Italia, nella speranza di arrivare in bici, con tanto di borse al seguito, da Padova fino a Brindisi, prima ipotetica parte di un viaggio molto più lungo, fino a Gerusalemme.


Nel caso del terreno sassoso ritrovo me stesso, ho fatto la mia parte, ma essendo andato in riserva di forze (il terreno non era profondo) con il gran caldo incontrato (quando spuntò il sole fu bruciata) ho deciso di fermarmi a Roma (seccò).


Invece i miei due compagni di viaggio han proseguito, loro hanno un carattere forte (terreno buono) e non si fanno spaventare dai raggi del sole, anzi si son divertiti ad arrostirsi per bene, consumando un bel pò di creme solari, sicchè hanno dato, chi l'ottanta, chi il novanta per cento. Ma non è solamente per questo che scrivo in questo blog, è anche e soprattutto per ringraziarli per essermi stati vicini in quei cinque giorni di corsa, nei quali ho sofferto fisicamente e poi nel sesto giorno, quando avevo deciso di fermarmi, per tirarmi su di morale: un pezzo del mio cuore era salito con loro in sella.


Grazie Max per le volte che ti sei fermato o sei tornato indietro, per una parola di conforto e di incitamento!
Grazie Stefano che mi hai fatto da angelo custode per tutta la strada finale che portava dentro Roma, quando il pericolo di essere investiti era maggiore.
Grazie di cuore ad entrambi e a Chi da lassù ha vegliato su di noi.

(Allego una foto, un po' da giornali scandalistici, con tanto di mascheratura di parti intime di Stefano e una dedicata al nostro giullare, del quale abbiamo sentito la mancanza della sua freschezza: quando va a 30 all'ora, strombazza... da dietro!)





Alla prossima (speriamo)!
Senior

6 luglio 2011

Pensieri di Max

È la quarta (quinta?) volta che tento di descrivere qualcosa. E stasera mi son detto: Scrivi e basta. Come viene viene.
Ognuno scrive -checché ne dica- per essere letto. Ma scrivere -già detto altre volte- non è facile. Un conto è prendere appunti nel taccuino della memoria, negli occhi, nel cuore, nei pensieri e un conto è poi tessere questi fili di memoria per comporne un messaggio.
Tante volte, quasi ogni giorno, in quest’ultima esperienza del viaggio-pellegrinaggio in bici, anche durante la corsa di ieri sera vorrei avere da qualche parte una specie di aggeggio che registrasse ciò che provo o che credo di provare, ciò che sento o che credo di sentire, ciò che penso o che credo di pensare per poterlo poi riprendere e vagliare con calma. Ma ciò non è possibile: l’unico tempo a disposizione è il presente.
Tuttavia trovo che la ricchezza del giorno, dell’incontro, delle persone, di me stesso abbia bisogno di essere ruminata per essere non solo colta, ma nutrimento. La fretta prende il modo di una certa voracità, una specie di bulimia che non fa gustare quel che c’è e che si vive.
C’è bisogno di riprendere ciò che si vive o di vivere con più lentezza. Non è umano un certo ritmo diventato normale: è illusorio e dannoso, soprattutto per la consapevolezza di quel che si è e nel vivere le relazioni che abbiamo.
Ognuno scrive per essere letto, ho scritto: almeno chi scrive, come me, in pagine come queste o chi affida ciò che scrive a un qualsiasi mezzo di divulgazione. Dunque l’importante è farsi capire. O almeno tentarci.
Con il passar degli anni si fa sempre più vivo dentro di me il desiderio di comunicare, ma sento sempre più distinta anche la fatica del farlo. Non mi è ancora chiaro da che dipende questa cosa.
Riesco a dar voce a quel che c’è dentro me? Le mie dita intuiscono ciò che c’è dentro me e picchiettando i tasti esprimono almeno un po’ di realtà o fanno esercizio di velocità?
Non me lo domando più di tanto. Non sono un filosofo di professione e tanto meno un maestro, checché qualcuno o qualcuna si ostini a vedermi come tale e pretenda dalla mia vita una perfezione che non ho, che non cerco, che non voglio abitare.
Preferisco sempre un po’ di disordine; sono iscritto a quel foltissimo gruppo che dice “io nel mio disordine mi trovo”. E mi pare sia vero. Che io ricordi da tanti anni a questa parte non ho perso niente: metto via così bene le cose da non trovarle al primo colpo, come la patente che ho dovuto rifare un paio di volte, per ritrovarla poi, puntualmente. :-)
Come mi diceva mia madre quando ero bambino e poi giovane: “Come uno è fuori è anche dentro”; ha ragione. Da tempo non me lo dice più: sospira.

Alzo gli occhi mentre una zanzara si ostina a cercar cena da me e vedo appeso alla lampada del mio studiolo il bandana azzurro-blu che mi ha accompagnato da Padova a Barletta. L’ho lavato o sciacquato più volte: con l’acqua di qualche fontana, sotto i rubinetti delle piazze piene di sole di qualche paese a sud di Roma, a termine delle giornate mentre ci si docciava a canna con acqua fredda.
Se n’è stato appeso a un gancio del manubrio, vicino alla piccola borsa che mi pare si chiami velopac. A disposizione per togliermi il sudore sui sopraccigli, sul viso, sulle orecchie. Puzzolente e disponibile; puzzolente lo divento facilmente, spero di diventare disponibile :-)
Al termine di questo lungo giro ho buttato i miei guantini marca Cannondale, inequivocabilmente consunti dai tanti km che le mie mani hanno scalato aggrappandosi alle manopole del manubrio. Avevano qualche anno. Li ho chiusi dentro una busta di nailon assieme a un vecchio paio di scarpe da ginnastica consumate dalle corse e li ho buttati. Me ne è dispiaciuto. Erano solo un paio di guantini consunti, sì. Ma erano anche un sacramento dei giri in bici degli ultimi anni.


Stasera ho avuto una riunione particolare ad un’ora insolita e facendomi prendere da ciò che si doveva fare non mi son ricordato di andare alla preghiera all’oratorio di Villa Ottoboni. Me ne dispiace. Perché? Perché oggi no ho pregato? Non è questo. Ci penso un attimo e capisco che questo dispiacermi è segno della tentazione di voler essere dappertutto pensando che se dappertutto sarò allora sarò bravo.
Una forma di insicurezza? Un bisogno di essere riconosciuto bravo? Una mania di onnipotenza?
Che sia ora di cambiare qualcosa? Sì, certo. Ma cosa? (..è una domanda che rivolgo a me stesso).


La bici ancora una volta a suo modo mi ha salvato facendomi toccare col culo in sella, con le gambe che spingono, con le mani aggrappate al manubrio, con gli occhi e il cuore piantati in ciò che ci ha accolto al passaggio che io sono (e sarò sempre) un novizio. E di questo lodo il mio Dio.

E mentre mi fa compagnia in questa silenziosa ora della notte Ryuichi Sakamoto con Playing the Piano tento di rispondere alla domanda: “Com’è andata?”.

Mentre ero via mi son preso qualche appunto sul cellulare, ma solo l’ultima sera, quando ero da solo, a Cerignola, mi son messo a scrivere qualcosa.
Cosa?
Cose che non si lasciano (o almeno io non ci riesco) facilmente afferrare.
Sensazioni, emozioni, pensieri, luce accecante e calda di alba o tramonto, sudore salato, colori colori colori, silenzi, domande, fatiche, desideri e paure.
Il viso e lo sguardo di Dario e di Stefano, fedeli compagni di viaggio. Il condividere tra noi tutto, anche il silenzio, il vento, soprattutto nei primi giorni e nella domenica del Corpus Domini.
I paesi chiusi e vivi del sud, la confusione di Roma, alcune liturgie senza anima, il vento contrario nelle Valli di Comacchio, la salita di Bomarzo, di Fiore, di Izzalini, di S. Bartolomeo, l’ospitalità dei preti, di don Paolo e del suo cane Kuma, suor Giuseppina dal volto di mamma…
Tutte le volte che ho detto "guarda che bello!" e tutte quelle che, magari ridendo, ho detto "..ch'el can! ma chi me l'ha fatto fare!?".
Il volto degli amici che bussano nel cuore, il pensiero di mio padre, dei suoi occhi e della sua vecchiaia, la commozione di mia madre, i miei fratelli, la nostra lontananza.
Il silenzio delle strade di montagna e il violento caos di certe strade; le canzoni in mp3, il rumore del vento nelle orecchie, il canto degli uccelli.
La preghiera quotidiana per Montà, col desiderio di far in qualche modo anche di questa una esperienza comunitaria.
La calda nostalgia di non so che che puntualmente in certe ore al tramonto s’è seduta accanto a me.
La paura forte forte quando i cani mi hanno quasi attaccato, il sentirmi da solo in certi momenti e il cercare e trovare il segno di una Presenza serena e amica.
Il non essere mai sazio di andare e di vedere, di arrivare, di riposare.
Il bisogno di silenzio e di condivisione. Di silenzio e di parole vere. Di risate e di chiacchiere.

È stato un dono accorgermi ancora una volta come la forza che viene dallo stare assieme moltiplica quella che hai: aspettarsi in salita, guardare indietro e cercare l’altro, sapere che qualcuno c’è davanti a te, le cose condivise, il mangiare e dormire assieme, ascoltare il respiro dell’altro di notte, vicino a te mentre dormi per terra nel tuo sacco a pelo… questa forza moltiplicata perché condivisa credi sia una testimonianza di ciò che chiamiamo “comunione dei santi”.

Come descrivere con chiarezza a se stessi quel che si prova?
Come chiamare con un nome dal contorno netto e distinto ciò che abita l’anima e la rende tale?
Mi viene in mente quella frase che chiude “Il nome della Rosa”: “Stat rosa pristina nomine, nomina nuda tenemus”, il cui concetto tradotto a spanne significa che la rosa esiste ancor prima che le se dia un nome, non possiamo mai conoscere ciò che è la rosa in se stessa, possiamo solo dire il nome che abbiamo dato alla cosa che chiamiamo rosa. Be, m’è venuta in mente e l’ho scritta.

E allora? Come descrivere con chiarezza a se stessi e agli altri quel che si prova?

A differenza della frase del libro di Eco scelgo e preferisco sorridere e dire: prova!
Dopo parliamone o stiamo in silenzio assieme, correggendo magari, ma di sicuro amando il modo di pedalare che abbiamo imparato, condividendo quel che abbiamo con noi, godendo di quel che c’è, chiedendo ospitalità a qualcuno. Pian piano la bellezza ci attirerà e farà in modo che il desiderio non si lasci vincere dalla stanchezza o dalla paura.
Pian piano: sei un novizio, stai imparando.
Solo non scegliere le discese e non fermarti.

Grazie a chi s’è fatto vivo durante questi 1.100-1.200km di sole e di vita. Ho dedicato tanti km a tante, tante persone.

Grazie di cuore in particolare a Dario e Stefano che hanno condiviso tutto e agli altri amici che non hanno potuto vivere questo dono.





4 luglio 2011

STANCHI MA FELICI!

SELLARONDA BIKE DAY - Domenica, 03/07/2011


Addio all’inquinamento acustico di motori e gas di scarico! I quattro passi dolomitici sono stati riservati a me e Lucio e ad altri 15.000 amanti delle 2 ruote.

Tantissima gente chi con bici da strada, chi con mtb, italiani, stranieri si è arrampicata sul Pordoi, Campolongo, Gardena e Sella, uno dopo l'altro senza soluzione di continuità. E' stata una bella festa ed una giornata veramente indimenticabile.

Il tempo fresco e abbastanza soleggiato ci ha aiutati a non sentire troppo la fatica.

L'esperienza è sicuramente da provare, quest'anno per chi si è perso questa occasione, c'è una novità che prendo da sito:

ECO DOLOMITES 16-18/09/2011
Per la prima volta, sotto il patrocinio della fondazione Dolomiti UNESCO, anche a settembre (18/09/2011) i passi dolomitici intorno al Sella (Sella, Gardena, Pordoi e Campolongo) saranno riservati ai ciclisti.

Buone pedalate! Gigi e Lucio.

2 luglio 2011

NOSELLARI BIKE


GIRO MOLTO BELLO CHE CI HA PORTATI DA NOSELLARI DI LAVARONE AL PASSO VEZZENA PASSANDO PER MALGA LAGHETTO, MILLEGROBBE, LAGO DI LAVARONE E RITORNO. KM 37. NON MOLTI MA CON SALITE TOSTE ,PANORAMI MOZZAFIATO ,SCORCI BELLISSIMI DI MALGHE E PASCOLI. ERAVAMO IN 10, BEL NUMERO NON C'E' CHE DIRE ED ANCHE I BOCIA ,FUORI ALLENAMENTO ,HANNO FATTO UNA SPLENDIDA FIGURA.
DA RIFARE, MAGARI CON QUALCHE VARIANTE.
CIAO.

FOTO DEL GIRO