28 marzo 2011

La mia prima volta...al mare


Salve, sono PPF6 (acronimo di Pinarello PF serie 6) e sono l’ultima bici “adottata” da Stefano. Alcuni anni fa, quando quest’ultimo ha deciso, sotto consiglio del medico, di passare dal calcetto alla bici è arrivato mio fratello maggiore Canc (diminutivo di cancello), poi, un paio d’anni fa, è arrivata mia sorella Olybull (parola macedonia da Olympia e Bullet) e infine la sottoscritta.

Canc è tra noi quello più pesante, il meno tecnologico, insomma quello più vecchio che, come succede spesso con i figli, è anche quello che dà più problemi. Con lui Stefano esce parecchie volte, lo ha sopranominato “te xi queo che me merito” intendendo una certa assonanza tra la scarsità della bici e quella del corridore. A volte addirittura, come su un cavallo, gli appoggia sopra delle grosse borse e se ne stanno via per diversi giorni. Che sia per questo che Canc si crede tanto importante? Comunque resta il fatto che, come succede spesso con i figli, a chi ha più bisogno si dedica più tempo e energie.

Olybull invece, dal punto di vista tecnico, è equipaggiata bene, la sua geometria è accattivante, dentro le guaine gli scorre olio profumato di fragranza e non fili come a me e a Canc, tuttavia, a mio parere, rimane pesante e molto grossa. Non capisco, e un po’ mi disturba, perché quando se ne va in giro per strada, con gli ammortizzatori anteriori e posteriori tutti belli gonfi, gli uomini si girino a guardarla. Stefano l’ha sopranominata “voria ma no posso” nel senso che con lei potrebbe permettersi discese tecnicamente molto impegnative, ma ogni volta che ci prova, poi spesso, deve marcare visita.

Infine ci sono io che, senza falsa modestia, sono la più leggera e contemporaneamente la più reattiva, non sono per niente sofisticata ma non mi manca nulla di quello che è necessario per essere una che potrebbe frequentare tranquillamente il jet set del ciclismo. Insomma, sono la più bella. Stefano mi ha sopranominato “l’appoggiata” perche rimango, appunto, appoggiata per lunghi periodi nel muro del garage/deposito anche quando viene la bella stagione e il sole dovrebbe abbronzare la mia pelle che comunque è già al full di carbonio.

L’altra sera, come ogni tanto succede, Stefano mi porta dal garage/deposito al garage/box di partenza per misurare la pressione delle mie ruote, quasi per accertarsi che sia ancora viva, visto che l’ultima volta che sono uscita “è stata l’estate” scorsa, quando sono andata sul Manghen. Guarda la mia catena e borbotta: “ghe mancaria anca che te gavessi bisogno de oio co que che te uzo”…il solito ascaro. Di nuovo, rispetto a tutte le altre volte, c’è che non mi riporta nel garage/deposito, ma io non mi illudo. Al mattino sento che traffica e poi, di colpo, attacca sul mio palo obliquo una cosa famigliare ma che subito non riconosco, ma si, è la borraccia, piena, oggi si esce!

Stefano è diverso dal ragazzo che avevo prima, d’altra parte quest’ultimo con i suoi vent’anni era uno continuo scatto, i suoi muscoli mettevano a dura prova il mio telaio e tutto era misurato in prestazioni, compreso le volate finali. Non posso dire che Stefano vada piano, diciamo che è lento. La sua pedalata è costante dall’inizio alla fine anche se non so mai dove voglia arrivare, un po’ come i suoi post. Comunque quello che vedo mi piace e mi ripaga di tutto il tempo che sono stata appoggiata. Inizialmente ville, poi chiese che si ferma a fotografare appoggiandomi su un palo ruvido di un semaforo. Ad un mio accenno di insofferenza mi guarda male dicendomi che ci sono cose, chiese che ricordano incontri, persone e cammini importanti…non capisco ma mi adeguo. Poi canali, campi, acqua, e ancora, acqua ,canali, campi, tanta acqua, troppo acqua, io tanta acqua così non l’ho mai vista, vuoi vedere che…ma si, Stefano mi ha portato al mare. E’ stato fantastico!!!

Ora sono ritornata,… appoggiata.

Appoggiata, in questi ultimi anni sto cercando di imparare a stare lì dovunque vado, vivendo la realtà di un istante o di un giorno invece di essere altrove con la mente e con l’anima, ossessionata dal passato o dal futuro. A volte, come mi ha suggerito un amico, è già abbastanza non remare contro.

Non ho abbandonato i miei sogni di gloria, quelli per cui sono stata pensata prima e costruita poi, anzi, questi mi aiutano ad accettare con gioia e motivare la mia quotidianità. Correre ogni giorno, o quasi, comportava uno stress al telaio e agli ingranaggi principali, ora , stare un po’ tranquilla mi aiuta a curare di più e meglio le relazioni con mia sorella e mio fratello, quelle famigliari e non.

Da gusto alla vita sap-ere che solo assieme ai miei fratelli riesco a soddisfare il desiderio di “andare” del mio Capo, pensare che la mia sete, di correre e non solo, si spegne solo dall’incontro con il suo desiderio di darmi da bere .


1 commento:

  1. E' l'apoteosi ( anca se no so de preciso cossa che vol dire) della bici. Prima e biciclette innamorate de GG e Ari, desso quee de Stefano che parla del paron, stasera vago in garage a controare che no e fassa comaro' fra de iore( ghe no 6) che e me disturba i vicini.
    Scerzi a parte, bello il racconto di Stefano che da voce al suo cavallino in carbonio.
    Continua cosi,ma attento che ea sposa no vegna savere de sti rapporti particolari co e to creature. Ma si sa " le bici so piezz e core"

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