24 maggio 2011

Padova Loreto





C’è un uomo solo al comando. La sua maglia è bianco e celeste. Il suo nome è Fausto Coppi”. Le parole del giornalista Mauro Ferretti, sono ancora forgiate indelebilmente nel cuore di milioni di italiani.

Riprendendo queste famose parole potrei anch’io dire: c’è un uomo solo…e basta!!!

Questa volta è capitato, come succede anche nella vita, di ”andare da solo”, non l’ho fatto per scelta né per necessità, è avvenuto e basta.

Immaginavo che fosse diverso ma è stato diverso anche da quello che immaginavo.

Da solo ogni piccolo problema, fisico o meccanico, viene amplificato dal fatto che non lo posso “con-dividere” con altri così come non posso far partecipi altri delle forti emozioni che certi paesaggi , tramonti, semplici battute dei compagni suggeriscono al cuore.
Una volta a casa trasmettere queste emozioni è impossibile, e chi ha vissuto questo tipo di esperienze sa di cosa parlo, sarebbe un po’ come l’amico che insiste per farti vedere l’album delle sue foto di matrimonio pensando che producano anche a te lo stesso effetto.

Da solo, da buon orso quale sono, ho avuto un po’ :) di tempo per stare con me, e se non ho risposto in modo esaustivo, almeno certe domande me le sono poste.

Io credo che in un tempo in cui tutti sanno indicarti l’itinerario migliore, dove navigatori e gps ti permettono di tutto, rimangano comunque delle strade sconosciute che impari mentre ci cammini sopra, queste, molte volte, sono da percorrere da soli e allenarsi a ciò non è male.
Come ho già avuto modo di dire, mi piace, pur avendo una meta, vivere il cammino, perché è questo che dà un senso al traguardo sia piccolo che grande, quotidiano o della vita.

Positivo è stato senza dubbio il fatto che, solo, ho sentito la necessità e la voglia di parlare anche con persone che non conoscevo (cosa che a me capita di rado), ad altre ho chiesto aiuto, e con alcune mi sono ritrovato in pochi minuti ad ascoltare della loro vita e a parlare della mia.

Mi pare che tutto questo mi aiuti a rimettermi al mio posto ridonandogli significato e senso. Quando ritorno da queste esperienze sento con maggior chiarezza di quando son partito, che molto, non tutto, di quello che ho e che sono si trovano nella mia famiglia, con i miei amici, nella mia comunità.

Sento la necessità di non smettere di andare anche se a volte non so ancora dove, in fondo c’è una “linea sottile” che separa il dormire dal sognare.


Da solo, e solamente per due giorni, ho preferito non portarmi via il fornello da campo e il necessario per prepararmi la cena e quindi alla sera è andata di pizza.
Vi riporto, a tal proposito, una cosa che ho sentito giorni fa alla radio e che in queste sere mi è tornata alla mente. A me pare carina anche se non la condivido del tutto.

La vita è come una pizza margherita. È buona da mangiare, quando esce dal forno scotta ma è il momento in cui è più buona, forse anche perché hai tanta fame. E allora la mangi veloce e ti ci bruci. Poi pian piano, molto prima che tu sia a metà, la mozzarella si indurisce e la pizza comincia a diventare cattiva. Ma tu la mangi lo stesso perché non è male. Però cominciano a venirti in mente delle strane idee tipo, rimetterla nel forno per farla tornare com’era all’inizio, solo che questo non ci si può fare e quindi ci rimani male. In quel momento cerchi di divorarla perché ogni secondo che passa la raffredda ancora di più, e mentre la mangi, con forza, ti dispiace che non ci sia più la mozzarella filante e la pasta morbida, ti viene la malinconia e in più ti si gonfia lo stomaco perché stai mangiando troppo veloce, ma anche se te ne accorgi non ce la fai, non riesci a fermarti, e quello è il momento peggiore. Quando invece poi la pizza la stai finendo, ormai è fredda e fa schifo, però pur facendo schifo, rispetto a quando è uscita dal forno, è sempre più buona degli spinaci al burro, per cui stai un po’ lì, fermo, lasci che la pizza che hai divorato a metà, scenda, e cominci a goderti l’ultimo quarto, a pezzettini, come se fossero degli scampi. Ricominci a sorridere perché la crosta, anche se dura e fredda, è gustosa, la mangi chiacchierando e quindi non gli dai tanta importanza. Ogni tanto ti capita un pezzetto di mozzarella o uno di pomodoro e allora ricordi la pizza quand’era ancora calda, ti tocchi il palato con la lingua e senti che è ancora un po’ insensibile, per colpa di quando ti sei scottato, pochi minuti prima. Il tempo si dilata, comici a bere la coca cola. Pensi a come riuscirai a mandarla giù tutta quella pizza, che te la ricorderai anche quando sarai ritornato a casa, ma non soffri, nemmeno quando c’è il conto da pagare, perché una pizza è la cosa più buona che c’è, e non costa nemmeno più di tanto.



2 commenti:

  1. Grazie Stefano col tuo racconto mi hai ricordato quante volte ho desiderato poter “fermare” certe emozioni attraverso le parole, una foto…ma inutilmente…ogni volta che ho provato mi è sembrato di sminuire la mia emozione…ho provato a mangiare a casa delle cose provate durante un viaggio ma il sapore è diverso (colpa degli ingredienti, dell’aria, dell’acqua ????) c’è solo una cosa che mi riporta esattamente là e sono i profumi, le fragranze, gli aromi…è come se fossero entrati dentro di me e risentirli fanno scatenare le emozioni più profonde…penso che ognuno di noi ha (o dovrebbe avere) il proprio modo di “coccolarsi”, di tornare al centro di sé per poter scoprire o ri-scoprire le cose importanti, quelle vere, quelle che ti rendono davvero migliore…Possiamo condividere con gli altri molto, moltissimo a volte quasi tutto ma mai potremo condividere in pieno ciò che sentiamo e questa è una grande ricchezza, una grande libertà perché ci rende consapevoli del mistero dell’uomo, insondabile a tutti anche a se stesso ma non a Dio!!!! L.

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