16 maggio 2011

Colli 14 maggio 2011





“…e il naufragar m’è dolce in questo mare.”

“Albero e frutto sacro, il fico è l’emblema della vita, della luce, della forza e della conoscenza. Nell’antica Grecia, era l’albero sacro ad Atena, dea della saggezza e a Dioniso dio del vino. Platone ritiene il fico amico dei filosofi. Nella tradizione antica il fico riveste quindi un significato di immortalità e di abbondanza. Esso rappresenta anche l’asse del mondo, che collega la terra al cielo. Come simbolo dell’abbondanza è legato alla fecondità. Il fico presiede alla nascita; secondo una leggenda induista il dio Vishnu e nato sotto ad un fico. Lo stesso vale per i fondatori di Roma, Romolo e Remo.”
Lo splendido “figaro” che si vede nella foto si trova nella discesa del carabiniere. Non è facile da vedere perché la discesa, pur non essendo molto tecnica, richiede comunque massima attenzione e lui si trova alcune decine di metri sulla destra in corrispondenza di un tornante di sinistra. Mi sono accorto di lui, dopo anni che faccio questa discesa, solo perché mi sono fermato in corrispondenza del tornante sopra accennato per aspettare “il maestro di corte” Claudio che ci ha onorato con la sua partecipazione.
Io ho un debole per il fico, sia come frutto che come albero. Al di là della descrizione incollata sopra, il fico nella sua semplicità mi ricorda, a differenza di molte altre piante, che il sole e l’acqua, cose semplici ma essenziali, bastano a far crescere, una crescita poi solo apparentemente disordinata. Non ha bisogno di cure e terreni particolari, le sue foglie mi ricordano le mani da contadino del mio papà, robuste, grosse e rassicuranti.
I suoi frutti, freschi o secchi, sono nutrienti e una delizia per il palato. La marmellata di fichi poi è quella che preferisco e, in stagione, il gelato al fico è quello che sono solito prendere da Bepi.
Non nasconde la sua fragilità, e se resiste meglio dei platani anche ai venti più forti, si spezza facilmente se mi appoggio con il mio peso sopra i suoi rami.
Quante volte nelle mie discese più o meno veloci non riesco ad accorgermi dell’esistenza di tanti alberi che pur circondano le mie corse da anni? Eppure loro sono lì, magari aspettano solo che io mi accorga di loro per donarmi “niente di più e niente di meno” di quello che sono.



PS Il titolo del post è una dedica esclusiva ai ciclisti che hanno tagliato l’aria a noi partiti in bici da Mortise. :)



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La Traccia GPS del Bajo

1 commento:

  1. Caro Stefano, sei un poeta!
    Mi piace soprattutto la similitudine che hai usato nel ricordare tuo papà...

    ps: mi associo alla tua dedica :-P

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