C’è stato il “tempo” dell’allattamento, delle pappette, dei soldatini e cerbottane, delle “mele”, del grande amore e poi di nuovo dell’allattamento (dei miei figli)…e molti altri qui non inseriti.
Mi ritrovo a sorridere ripensando che tra i vari periodi della mia vita, comuni alla maggioranza, mi pare ce ne sia uno da condividere con pochi, fortunati gli altri, ossia “il tempo dei cuscini”.
Negli ultimi anni, complici diversi infortuni in tempi, modi e dinamiche diverse, il tempo dei cuscini è diventato parte, amico e prezioso alleato, delle mie notti.
In questo “tempo” oltre ai miei due soliti cuscini che “sanno di casa”, morbidi, accoglienti, che mamma, come si usava una volta nel periodo di fidanzamento, ha riempito di piume prese dal petto di giovani oche, altri due o tre cuscini diventano parte attiva, a sostegno e aiuto nel mantenimento della, a volte unica, posizione nella quale mi è consentito dormire.
Tuttavia mi piace credere che nulla è mai totalmente negativo, dipende molto da dove si concentra il mio punto di vista.
Vivo e abito un’età, una famiglia, una comunità, una parte del mondo, uno stato di salute, fisica e economica, che mi pare sia quella che mi dia la maggior indipendenza da tutto e da tutti.
Certo, da bimbo e ragazzo ero più spensierato, da giovane più forte, da giovane/uomo avevo forti e concrete “motivazioni” ma, scuola, ormoni, paghette (na volta e se ciamava mancie), mutui davano sempre un retrogusto di dipendenza e limite tipica, anche se diversa, di ogni età.
Oggi, in questa bellissima età, il tempo dei cuscini entra con puntuale irregolarità a ricordarmi ancora la mia natura e i miei limiti, non solo fisici.
Alla fine basta un paio di costole inclinate, un dito mignolo rotto per farmi ritornare, anche se temporaneamente, dipendente da tutto e da tutti. Azioni quotidiane e banali come dormire, abbottonarmi la camicia o allacciarmi le scarpe diventano “faticose salite”, non parliamo poi del guidare.
E quando, se sarò fortunato, questo processo non sarà solo temporaneo?
Mi accorgo che questa dipendenza si manifesta anche in quella parte di me che non è solo corpo, poco mi importa se si chiama anima o qualcos’altro, il “tempo dei cuscini” diventa allora tempo privilegiato di domande. Ripesco da letture fatte alcune righe che sento particolarmente mie e che condivido: “Sii paziente con tutto ciò che è insoluto nel tuo cuore. Cerca di amare le domande in sé....
Non cercare adesso le risposte che non possono essere date perché non saresti capace di viverle.
E il punto è di vivere ogni cosa. Vivi le domande ora. Forse in futuro gradualmente, senza farci caso, un giorno lontano ne vivrai le risposte.”
Non cercare adesso le risposte che non possono essere date perché non saresti capace di viverle.
E il punto è di vivere ogni cosa. Vivi le domande ora. Forse in futuro gradualmente, senza farci caso, un giorno lontano ne vivrai le risposte.”
In questo tempo mi pare sia più facile vedere come molte preoccupazioni sono in realtà sciocchezze, mi aiuta, come un settaccio, a mettere in risalto l’essenziale.
Conosco e capisco il tempo, ma anche le cose, le persone, le relazioni che vivo se, più che cercare di ottenere quanto desidero, quello che mi aspetto da esse, sono aperto, accogliente rispetto al tutto che possono darmi. In questo senso potrò accorgermi della “bella novità” che ogni giornata mi dona. I limiti che quotidianamente incontro in me e negli altri sono prima di tutto quelli che io pongo.
Spesso mi è stato proposto di vivere dei “tempi di deserto” (Fiore, dassa perdere, e xe robe de ciesa) ma io a pensarci bene il deserto non l’ho mai nemmeno visto realmente, ma, da quelle che mi hanno detto essere le sue caratteristiche, assomiglia molto al mio “tempo dei cuscini”, solitudine, silenzio, dipendenza…e allora mi tengo stretto questo momento che capisco e conosco perché lo vivo concretamente e me lo godo fino in fondo.
Cosa centra questo post in un blog di ciclisti, o mejo, de xente che core in bici? Gnente!!! Voevo soeo dirve che stago ben e de spetarme, aea fine dea saita, prima o dopo, rivo anca mi.
Signore, Ti ringrazio di avermi fatto provare le difficoltà,
perché ho imparato l'arte di sopravvivere.
Ti ringrazio di avermi fatto incontrare l'arroganza,
perché ho capito il valore dell'umiltà.
Ti ringrazio di avermi concesso la sofferenza,
perché ho diviso il pane della solidarietà.
Ora vorrei rivolgerti una preghiera:
....Non sarebbe possibile una botta di culo?